martedì 30 novembre 2010

Favara 23/1/2010. Nel crollo della loro palazzina morirono Chiara e Marianna, di 3 e 14 anni. Erano sorelle. A oggi nessun responsabile, nessun colpevole. E una perizia voluta dalla procura di Agrigento accusa: quella casa andava abbattuta e non doveva essere abitata

Favara, via del Carmine 7
Quella di Chiara e Marianna è una storia triste. E triste è la storia di Giuseppe, Giuseppina e Giovanni: padre, madre e fratello di Chiara e Marianna. Morirono, Chiara e Marianna, schiacciate dai detriti della loro casa di via del Carmine 7, a Favara. Era il 23 gennaio. Giovanni si salvò per miracolo, così come i genitori. Quella casa venne giù perchè era fatiscente, non abitabile. Eppure la famiglia Bellavia viveva lì. Avevano acqua-luce-gas-telefono. Pur non essendo abitabile in quella casa c'erano delle regolari utenze. A distanza di dieci mesi da quella tragedia ora conosciamo una verità. Contenuta nelle 30 pagine della perizia tecnica (procedimento penale 177/10) affidata dalla procura di Agrigento - l'inchiesta coordinata dal procuratore capo Di Natale e dall'aggiunto Fonzo è seguita dalla pm Lucia Brescia - a due esperti. In sostanza, scrivono i periti, quella casa non doveva esistere, andava abbattutta da tempo. E, soprattutto, non doveva essere abitata. Nella zona di via del Carmine - scrivono i tecnici - nell'arco di 30 anni sono state demolite o sono crollate 14 abitazioni. Case costruite senza criterio in un fazzoletto di terra e addossate le une sulle altre. Da scartare - sostengono - l'ipotesi di una variazione volumetrica del terreno. Significa che gli edifici erano semplicemente fatiscenti. Significa che si reggevano gli uni sugli altri. E significa ancora che il venir meno delle altre costruzioni ha finito per essere concausa del crollo dell'abitazione di Chiara e Marianna. Per ben due volte, nel 2001 e nel 2002, sono state presentate denunce circostanziate di pericolo abitativo. Mai a nessuno che sia venuto in mente di ordinare lo sgombero. Per questa vicenda - l'ipotesi di reato è omicidio colposo plurimo - nessuno è stato iscritto nel registro degli indagati. Non ci sono responsabili. Eppure, già due giorni dopo il crollo, una informativa dei carabinieri invitava a valutare le eventuali responsabilità di ben sette soggetti. Oggi la famiglia Bellavia ha una nuova casa acquistata con i fondi donati al comitato nato sull'onda emozionale della tragedia. Il padre continua a non avere un lavoro stabile o continuativo che lo costringe (e con lui la sua famiglia)  in uno stato di indigenza non degno di un paese civile. Disperato, Giuseppe Bellavia, non più tardi di cinque giorni fa è andato a schiantarsi con la sua auto contro il portone del comune nella centralissima piazza San Giustino. Era ubriaco e lo ha fatto - ha detto - perchè voleva che il sindaco lo aiutasse a trovare un posto di lavoro.
A Favara, purtroppo, i Bellavia non sono i soli a vivere ai margini della società e sotto la soglia di sopravvivenza. Sono in tanti, li chiamano linticchieddi, piccole lenticchie. Sono gli ultimi, visibilissimi, ma che in tanti non vogliono vedere rendendoli di fatto invisibili. Fino a quando non arrivano le tragedie che ce li rendono in tutta la loro reale drammaticità.

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